A Napoli la “sedia della fertilità”

Nella casa-santuario di santa Maria Francesca, la santa dei Quartieri Spagnoli, della vita e della famiglia
I Quartieri Spagnoli (foto di José Luiz Bernardes Ribeiro)

Sto perdendomi nell’intrico di vicoli dei Quartieri Spagnoli, quando capito in uno per il quale non ero mai passato, collegamento tra la celebre via Toledo e la zona centrale del popoloso quartiere Montecalvario: vico Tre Re si chiama, citato perfino da Goethe in uno dei suoi diari di viaggio in Italia: «Il vico dei Tre Re a Toledo tolse il nome dall’albergo dei Tre Re, uno dei migliori sulla fine del Seicento». E del resto tal nome che alludeva ai Re Magi, simbolo per eccellenza dei viaggiatori, non era affatto insolito per un albergo.

 

Ma che fine ha fatto il Tre Re del grande scrittore tedesco? Esiste ancora? Mentre mi pongo la domanda, al numero 13 di questa stradina movimentata dallo sfrecciare disinvolto di motorini in mezzo ai numerosi passanti, noto un viavai attorno all’ingresso di una chiesetta ricavata con ogni probabilità dentro preesistenti locali di un palazzo settecentesco. È dedicata a santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe, unica napoletana finora canonizzata, i cui resti mortali sono venerati in una cappella di questo minuscolo ma grazioso santuario già affollato di fedeli per la messa delle 9,15.

 

Alla ricerca di informazioni su di lei, attraverso un corridoio che porta a una scala interna e scopro un altro flusso di gente: sale ai piani superiori dell’edificio o ne discende. Salgo anch’io e raggiungo le stanze dove la santa trascorse gli ultimi 38 anni di un’esistenza molto tribolata (vivo il padre, fu da lui obbligata come Cenerentola a lavori sfibranti, nonostante la poca salute). È un modesto appartamento d’epoca ingombro di altarini e immagini sacre. Una in particolare attira la mia attenzione: è una statuetta della Vergine che al posto delle vesti sontuose e della corona di regina con cui è raffigurata in tante antiche chiese di Napoli indossa abiti più dimessi e un curioso copricapo contadinesco: è – vengo a sapere – la Divina Pastora, che con la mano sinistra sostiene Gesù Bambino e appoggia la destra su un agnello. Una devozione, questa, molto cara a Maria Francesca, nata nel XVIII secolo in seguito alla rivelazione ricevuta in sogno da un frate cappuccino, Isidoro di Siviglia.

 

Più di tutto però rimango colpito dalla quantità di fiocchi rosa e celesti, annuncio di nuove nascite, nella camera dove è conservato il letto sul quale questa terziaria francescana alcantarina morì il 6 ottobre 1791. Qui i devoti (molti i giovani d’ambo i sessi) aspettano il loro turno per sedersi sulla sedia adoperata da lei negli ultimi anni, mentre una suora fa baciare una reliquia della santa e recitare una preghiera. È una “Figlia di santa Maria Francesca”. «Le nostre suore»: così, semplicemente, vengono chiamate nei Quartieri Spagnoli le religiose appartenenti a questa congregazione nata nel 1884, che oggi attende all’apostolato e all’educazione dei fanciulli poveri della zona.

 

Quanto alla sedia, è nota come la “sedia della fertilità”, perché a sedervisi per invocare il patrocinio di santa Maria Francesca sono soprattutto giovani spose in attesa di un figlio o che lo desiderano; ma anche madri o padri bisognosi di aiuto celeste per la loro prole, per ottenere guarigione da una malattia o un lavoro, o per altre necessità. Pare che sia interminabile l’elenco di grazie accordate per intercessione della santa, lei che in questi popolosi Quartieri è sempre stata amatissima perché dal popolo proveniva e per esso si prodigò fino all’ultimo respiro, lungi dal rinchiudersi tra le quattro mura cui la destinava la sua condizione di “monaca di casa”. Non solo: grazie alle relazioni intrattenute con personalità civili ed ecclesiastiche del suo tempo, influì in qualche modo anche sulla società che la circondava.

 

Non so quanti dei frequentatori di questo santuario così umile e casalingo abbiano approfondito la vita e l’epoca di Maria Francesca, il suo amore per l’Eucaristia, le inaudite penitenze, i miracoli, i doni di premonizione, le visioni (Gesù si presentava a lei “alla napoletana”, facendosi chiamare don Salvatore Buonocore; l’arcangelo Raffaele la proteggeva dai cattivi incontri e l’aiutava a comunicarsi quotidianamente…).  In compenso tutti qui considerano la santa una “di famiglia”, tutti ne avvertono la vicinanza. Come se non li dividessero da lei oltre due secoli.

 

Al termine della visita, con ancora negli occhi tutti quei fiocchi rosa e celeste, verrebbe da chiedersi: come mai questa donna consacratasi a Dio nella verginità è diventata patrona delle partorienti, della famiglia e della vita? La risposta nella profezia di Isaia: «Esulta, o sterile che non hai partorito, prorompi in grida di giubilo e di gioia, tu che non hai provato i dolori, perché più numerosi sono i figli dell’abbandonata che i figli della maritata, dice il Signore».

I più letti della settimana

Il sorriso di Chiara

Abbiamo a cuore la democrazia

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons